Immagine1(a cura sezione Atletica) Prima giornata col botto allo Stadio Olimpico di Rio: record mondiale dei 10.000 metri femminili! Disintegrato il vecchio limite di ben 15 secondi per arrivare ad un magnifico 29’17″45 dell’etiope Almaz Ayana che dimostra una facilità di corsa impressionante, soprattutto negli ultimi giri, segno di una preparazione ottima e di una naturalezza invidiabile. Podio tutto africano ovviamente con la keniana Cheruiyot e al terzo posto un’altra etiope, la famosa Dibaba campionessa uscente. Impresa epica del 400ista sudafricano Van Niekerk che ruba la ribalta ad Usain Bolt. Perché? Perché vince il giro di pista con il record del mondo che resisteva da 17 anni (detenuto da Michael Johnson): 43″03 è un tempo allucinante; in ottava corsia sta sempre davanti a tutti e fa segnare dei passaggi parziali fortissimi. Il re dell’Olimpiade è lui. Terzo record mondiale arriva dal lancio del martello femminile, l’unico che era davvero nell’aria. La polacca Wlodarczyk ha dominato tutta la stagione su questi livelli e batte il suo di record portandolo da 81,09 a 82,29.

Difficile fare un resoconto dettagliato delle tantissime specialità del programma atletico. Le nostre umili impressioni si limitano ai risultati più importanti. Cerchiamo di andare per ordine.

PROVE MULTIPLE (eptathlon/decathlon)

Immensa la britannica Jessica Ennis-Hill, la regina indiscussa dell’ eptathlon femminile che è ancora presente. Si deve accontentare (si fa per dire) dell’argento con un punteggio di 6.775 e lascia la scena a 4 anni da Londra alla nuova belga delle multiple, Nafissatou Thiam che vince con 6.810. Terza la moglie del superman Ashton Eaton, la canadese Brianne Theisen Eaton. Proprio lui, decathleta a stelle e strisce, sbaraglia la concorrenza e chiude con 8.893 punti del record olimpico nelle dieci fatiche maschili. In generale si può dire che continuano le tradizioni inglese, olandese, delle repubbliche baltiche e statunitense. Europa dunque sul tetto del mondo.

CORSE

Già detto del risultato del mezzofondo in pista sui 10.000 metri femminili. Conferma al maschile per il solito Mohamed Farah, britannico di origini somale, che resiste più di tutti e mette le mani sul metallo più prezioso. La velocità pura è questione JAM/USA (Donne: Thompson – Bowie) (Uomini: Bolt – Gatlin) con un Trinidad e Tobago che ritorna in una finale femminile dopo anni di silenzio. Il terzo oro olimpico nei 100 di Bolt (9″81) così come quello dei 200 (19″78) è cosa immensa ma i 400 piani del limite mondiale sono la finale più veloce degli ultimi anni, i tre del podio tutti sotto i 44″! (Van Niekerk (RSA) 43″03, James (GRN) 43″76, Merritt (USA) 43″85). E tutti e otto i finalisti sotto il muro dei 45″ netti. Amarezza nei 200 femminili per la Schippers, la gigante olandese che era piena di aspettative, forse troppe, per un oro olimpico ma la jamaicana Thompson è stata imprendibile. Nei 200 maschili di Bolt (ma con ben quattro europei competitivi) si rivede il francese Lemaitre che agguanta sul photofinsh il terzo gradino del podio con un bel 20″12. Capitolo ostacoli. Il podio maschile degli ostacoli alti (110 HS) è Jamaica con Mcleod, Spagna con Ortega e Francia con Bascou ma la notizia è la presenza del cipriota Milan Trajkovic (di chiare origini balcaniche) che addirittura in semifinale fa il record nazionale con 13″31. Al femminile (100 HS) solo stelle e strisce: in ordine Rollins, Ali, Castlin. Sugli ostacoli bassi (400 HS – ndr) la spunta l’americana Muhammad in 53″13 sulla danese Petersen al record nazionale di 53″55. Tra i maschi sorride invece Kerron Clement (USA), leader per tutta la stagione 2016. Staffette veloci. Super quartetto del Giappone della 4×100 maschile! Al terzo cambio il primo testimone a passare nelle mani dell’ultimo frazionista è il loro, davanti a tutti, poi un certo Bolt dà gas e l’esito è scontato: Jamaica oro ma il Giappone tiene l’argento stretto stretto. Bronzo al Canada. Gli americani squalificati per invasione di corsia. I velocisti del Sol Levante sono stati a dir poco perfetti. Al femminile invece è solo USA.

LANCI

Da segnalare una strepitosa finale del lancio del disco maschile con il fratello minore degli Harting, Christoph, che dopo 4 anni attesta il dominio della famiglia tedesca (il maggiore, Robert, vinse con la famosa esultanza della t-shirt strappata!) con un lancio da 68,37. Nel giavellotto femminile vince la croata Kolak con il primato nazionale (66,18) ma è stata una finale al di sotto delle attese generali. Nel giavellotto maschile vince un giovane tedesco a sorpresa (che tanto sorpresa poi non è, i germanici la sanno lunga sui lanci), Thomas Roehler, con 90,30; podio completato dal kenyano Yego con 88,24 che non può replicare fino in fondo a causa di un infortunio alla caviglia, terzo il trinidegno Walcott campione uscente (85,38). Al femminile il getto del peso mostra una piccola sorpresa, il secondo posto della neozelandese Adams a favore dell’americana Carter con misure di entrambe sopra il muro dei 20 metri. Livello alto nel martello femminile con tutte le dodici finaliste sopra i 70 metri; gara vinta dalla nota polacca Wlodarczyk col record mondiale: accelerazione sull’ultimo giro e compattezza nel rilascio fenomenali. 76 metri per la seconda (la cinese Zhang) e 74 per la terza classificata (la britannica Hitchon).

SALTI

L’asta maschile vede un duello al cardiopalma tra il brasiliano Da Silva e il solito Lavillenie. Gara risolta a 6,03 a favore dell’atleta di casa con il francese a 5,98 che prova 6,08 per stare avanti. Nulla da fare per il campione uscente che cede il trono al giovane carioca allenato da una conoscenza italiana, il guru Vitaly Petrov. Immaginate il boato dello stadio per la medaglia in casa! Unico neo i fischi del pubblico per il campione francese, cosa inconsueta e di cattivo gusto. L’asta donne ha un nome: Ekaterini Stefanidi. La forte astista greca vince una straordinaria prova che vede la statunitense Morris seconda solo per un errore in più commesso rispetto alla greca (4,85 la misura di entrambe) e la sorpresa neozelandese Mc Cartney terza a 4,80. La cubana Silva non è quella dei giorni migliori. Riportiamo i risultati della bella gara dell’alto femminile: le friulane Rossit e Trost in finale diretta perché hanno saltato l’1,94 stabilito. Trost quinta con 1,93 mentre Rossit si spegne a 1,88. Podio tutto 1,97 con tre pari merito, la differenza la fanno solo gli errori commessi. Bronzo forse inatteso della bulgara Demireva a discapito dell’americana Lowe. L’alto maschile, orfano dell’anconetano Tamberi riserva uno spettacolo ugualmente avvincente anche se le misure erano abbordabili (medaglia di bronzo a 2,33). Peccato per l’unico italiano, Silvano Chesani, reduce da un anno di infortuni, che si ferma a 2,22 fuori dalla finale. Vince il forte canadese Drouin con un bel 2,38. Il triplo uomini vedeva il nostro Fabrizio Donato, quarantenne bronzo di Londra alla sua quinta edizione dei Giochi Olimpici. Di poco fuori dalla finale. Il lungo femminile scalda lo stadio negli ultimi due turni di salto, scavalcamento di posizioni da brividi con misure interessanti: finisce con la statunitense Bartoletta a 7,17, a soli due cm l’altra americana Reese a 7,15 e la sorprendente serba Spanovic al personale di 7,08.

ITALIANI IN GARA

Poco meno di 40 atleti nella delegazione azzurra, alcune speranze di ben figurare. Sottolineiamo che tre atleti provengono dal bacino dell’Emilia Romagna. L’altista Silvano Chesani, trentino di nascita ma cresciuto tecnicamente a Modena alla corte del professor Corradi. Anno travagliato per lui dopo l’operazione al tendine d’achille; argento europeo in sala nel 2015 non si è presentato al massimo della forma all’appuntamento olimpico che si è comunque guadagnato centrando il minimo stabilito dal CIO (2,29 ndr). Chiude con 2,22 la sua qualificazione nel gruppo A con un accesso alla finale tutto sommato fattibile considerando che si entrava con 2,26 al primo tentativo. Ayomide Folorunso, detta Ayo, specialista del giro di pista con ostacoli, allenata dal prof. Pratizzoli a Parma, una carriera partita dalle categorie giovanili con un crescendo di prestazioni. A Rio, sua prima Olimpiade, centra una semifinale che vale oro (55″78 e qualificazione diretta senza ripescaggio). Margherita Magnani, cesenate, è iscritta alle batterie dei 1500 ma nulla può contro la stratosferica concorrenza nordafricana; il suo 4’09″74 è in linea con i tempi stagionali.

Da segnalare per i colori azzurri il quarto posto di Antonella Palmisano nella 20km di marcia, la finale di Libania Grenot nei 400 femminili, tra le migliori otto al mondo. Ottavo anche il marciatore Giupponi con 1h20’27” nella 20 km. Semifinale anche per l’altra quattrocentista azzurra Pedroso. Impresa di Matteo Galvan che dopo la delusione dei 400 si rifà ampiamente nei 200: essere in semifinale con i mostri caraibici e americani è cosa molto buona. Staffetta femminile 4×400 in finale con il record italiano, un sogno divenuto realtà. Finale dell’ alto donne colorata come sempre d’azzurro, la “scuola” italiana non delude le attese. Trost quinta a 1,93 e Rossit sedicesima a 1,88 nella gara vinta dalla sempreverde 37enne spagnola Beitia.

I bilanci veri si faranno a “bocce ferme”, alla fine di questo quadriennio, periodo in cui si devono rivedere programmi e pianificazioni future…e ruoli tecnici nazionali da assegnare.